CARTELLA LACUNOSA


La Suprema Corte di Cassazione, con la storica sentenza 27 aprile 2010, n. 10060, condannò l’USL di Pescara per un clamoroso caso di malasanità, riconducibile alla mancata vigilanza sulla corretta tenuta della cartella clinica. Gli ermellini ritennero sussistente il nesso di causalità, in quanto la cartella clinica lacunosa sarebbe risultata prova determinante ai fini dell’ accertamento della responsabilità del medico in caso di lesioni cagionate al paziente.

La vicenda ricostruita dalla Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione ebbe svolgimento presso l’Ospedale Civile di Pescara, nel quale, come sostenuto dai ricorrenti, per non esser stata diagnosticata in tempo utile una presunta “sofferenza fetale acuta”, sarebbero insorte nella neonata delle lesioni cerebrali irreversibili.

A nulla valsero le eccezioni proposte dall’ Azienda USL, in merito alla irritualità ed intempestività del ricorso, ritenute infondate dal Giudice di Legittimità.

Infatti, come sarebbe emerso dalla relazione di consulenza tecnica d’ufficio, in parte riportata dai ricorrenti, la cartella clinica presentava, l’assenza totale dell’anamnesi prossima e dell’esame obiettivo, oltre ad essere carente di un’anamnesi ostetrica, di un partogramma, di una diagnosi ostetrica e di una descrizione dell’intervento… .

Ancora una volta, aggiunse la Corte, che “in tema di responsabilità professionale del medico la difettosa tenuta della cartella clinica non vale ad escludere la sussistenza del nesso eziologico tra la condotta colposa del sanitario e il danno, ove risulti provata la idoneità di tale condotta a provocare il danno stesso”.

Questa fu la “netta” posizione adottata dalla Corte, ormai nel decennio scorso, in merito alla questione relativa all’ accertamento del nesso causale in presenza di incompleta cartella clinica; decisione che rese cogente un importante principio di civiltà giuridica, ma che d’ altra parte, ha contribuito all’ incrementarsi, negli ultimi anni, del fenomeno c.d. della medicina difensiva.